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Riflessioni e decisione. D558 Nave Impetuoso-Dario Bilotti

Un bell'articolo pubblicato sul numero di Marzo della rivista
"Marinai d'Italia", a firma  del nostro Dario Bilotti

Da ANMI - Carmagnola
Riflessioni e decisione. D558 Nave Impetuoso
di Dario Bilotti

Crest ImpetuosoSalgo a bordo. Antonio, per combinazione, è a poppa e appena mi nota scende per aiutarmi a portare a bordo lo zaino. Mi presento al corpo di guardia e il Secondo Capo annota sul giornale di chiesuola: visto imbarcare Sgt.Em/Rdt/St Bilotti Dario matr. 68V0916T. Nello stesso istante l’Ufficiale di Ispezione mi arronza, riprendendomi per la giacca sbottonata. Un’occhiata furtiva al Piantone che, con una smorfia del viso, mi avverte che quello è un rompiballe. Cominciamo bene, penso tra me e me. Vengo accompagnato in segreteria e poi nel mio alloggio a poppa. Come è diversa dalle navi precedenti. Sembra buia, tutto ha un vago sentore di vetusto, poi realizzo che è una nave neanche tanto vecchia ma ha quel sapore meraviglioso di nave vissuta. Tutto da scoprire, uomini e apparecchiature. La prima cosa che provo è la familiarità con cui vengo accolto, i fra’ di corso, Giovanni e Antonio, sono di estrema compagnia e tutto il reparto sembra una grande famiglia. Relazionarsi diventa facile. La centrale di tiro mi è sconosciuta, lo schermo radar in torretta è diverso, ma il mio compito sarà di responsabile unico del telemetro. Quanta apprensione. Le nozioni imparate a Mariscuola non trovano certo facilità a tornare a galla ma, sforzandomi, penso all’impegno profuso dall’istruttore, il meraviglioso capo Piscitelli e so che quanto mi ha insegnato, mettendomi di buzzo buono, in breve me lo ricorderò. Bella novità l’esenzione dalle guardie, sempre franco. Ho molto tempo a disposizione e questo permette d’impadronirmi della conoscenza di locali e persone, di stringere profonde amicizie e sondare intimamente le mie future scelte. Instauro un bel rapporto con Amilcare, diventandone molto amico, il che mi permette di disquisire di tutto e di più, dal tumulto intimo alla felicità che si riesce a trovare solo con le piccole cose, quindi essere sempre sereno. Il mare, poi, mi aiuta a vivere con spensieratezza soprattutto la notte. Osservare le stelle dalla torretta e parlare con Giovanni sul futuro, mi aiuta a separare coscientemente le due possibilità. Comincio veramente a sentirmi sempre più parte integrante di questo ingranaggio ben oliato. Trovo simpatia e collaborazione, amicizia e aiuto. Torno indietro con la mente ai passati imbarchi e faccio mente locale sulle persone conosciute, con le quali ho condiviso molto del mio tempo, notando che, su qualunque unità ci si trovi, c’è una verità di fondo su quanto scrittori hanno raccontato, interpreti hanno cantato, pittori hanno descritto: il rapporto umano. L’amato mare continua a meravigliarmi per la sua immensità e forza, fermamente ritengo che il navigare mi appaga, che la stanchezza è solo un attimo, fuggevole, ed è forse la mia giovane età che mi permette di non farci caso. Vivo questo periodo come immerso in un limbo, mi sento a volte separato dal resto dell’equipaggio come ultimo arrivato, salvo poi ricredermi quando un congedante mi confida di essere stato contento di avermi conosciuto. Amilcare cerca di convincermi a raffermarmi, ma ormai la decisione, che ho procrastinato per tanto tempo, è stata presa. Ho scelto miseramente una vita forse meno impegnativa, ma che sicuramente mi lascerà il dubbio d’aver scelto giusto, senza riuscire a capire fino a che punto la mia determinazione mi avrebbe portato. La cena del “MacP100”, se da un lato ci accomuna nel desiderio di vivere serenamente la vita futura, dall’altro ci riempie di nostalgia prima ancora di sentirla. Noto tra i sorrisi una sorta di tristezza latente, è un’anteprima di quanto proveremo nei ricordi che verranno a galla nel futuro. I mie compagni di corso, compresi quelli di altre categorie, sbarcano qualche mese prima del congedo, ma io finirò il mio servizio a bordo. Il 31 dicembre mi appresto a scendere per l’ultima volta da quel barcarizzo, che comunque ho amato come fosse la scala di casa. Saluto tutti e da tutti ricevo auguri per la mia prossima vita da borghese. Ho deciso di congedarmi in uniforme. Maniacalmente controllo la camicia, il nodo della cravatta e che il panciotto sia ben teso, abbottono la giacca e indosso il cappotto. Passo in segreteria a ritirare i documenti e, percorrendo il corridoio di dritta esco a poppa. Il Capoguardia annota sul giornale di chiesuola: visto recarsi in congedo il Sgt.Em/Rdt/St Bilotti Dario matr 68V0916T. Mi calco il cappello in testa, salgo sul barcarizzo, saluto per l’ultima volta la Bandiera e scendo. Giunto a terra m’incammino verso l’uscita dell’Arsenale senza voltarmi. L’aria è talmente fredda che mi costringe a infilare i guanti, la stessa aria mi sta facendo lacrimare gli occhi, ma forse gli occhi umidi non sono dovuti al freddo. La borsa con gli abiti borghesi sembra pesi tantissimo. Senza voltare lo sguardo, passo davanti alla poppa delle unità ormeggiate ricordando i nomi e il loro normale e consolidato posto d’ormeggio. Percorro il viale continuando a non voltarmi e, attraverso l’androne della porta principale, avviandomi verso la stazione. Stranamente attendo pochissimo il treno che mi riporterà a Torino. Trovo uno scompartimento vuoto, ricordando che il giorno del mio primo imbarco quattro anni prima, raggiungendo La Spezia da casa, ero nella stessa condizione. Mi accomodo sul sedile e appena il treno parte lascio libero sfogo a calde lacrime. Chiunque fosse passato davanti, avrebbe visto un giovane Sottufficiale della Marina Militare che piangeva per aver lasciato un mondo meraviglioso che gli sarebbe rimasto nel cuore per il resto della vita, ma soprattutto conscio d’essere diventato uomo.

Dario viso Dario Bilotti

Articolo Dario completo

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