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La gamella

Sezione dedicata alla raccolta di documenti, del periodo che ci ha visto coinvolti a vario titolo nella Marina Militare.

Vi trovate qualche nostro tesserino di bordo, FOM di promozione, e...anche punizioni scritte.

Il tutto arricchito da foto delle nostre navi con le rispettive caratteristiche tecniche.

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I luoghi del piacere di Napoli: oltre 900 bordelli tra Chiaia e i Quartieri spagnoli

A Napoli erano tanti i luoghi dove si svolgeva il mestiere più antico del mondo e fino al 1958 si contavano più di 900 case di tolleranza.

Ritenzione idrica

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A Napoli erano tanti i luoghi dove si svolgeva il mestiere più antico del mondo e fino al 1958 si contavano più di 900 case di tolleranza. La capitale del Mezzogiorno era florida di bordelli adatti a tutte le tasche, le tariffe praticate (le famose “marchette”) andavano dalle 200 lire delle case di lusso alle 50 lire nei bordelli di paese.Dai Quartieri Spagnoli a Via Chiaia, sorgeva il quartiere a luci rosse più grande d’Europa raccontato da scrittori e attori italiani ma anche dal popolo che ricordava quei tempi con malinconia. Ebbene, quell’epoca finì quando la socialista Lina Merlin, dopo dieci anni, fece abolire la prostituzione di stato: dal 19 settembre 1958 iniziò la prima privatizzazione italiana, gli stabilimenti cessarono la loro attività statalista e le case di tolleranza vennero eufemisticamente definite “case chiuse”.

I luoghi del piacere a Napoli nella storia

I luoghi del piacere sono espressione della tradizione partenopea sin dall’epoca romana quando esistevano, nella fattispecie, i cosiddetti lupanari di Pompei con le annesse figure di Kamasutra per distinguerle dalle abitazioni domestiche. Oggi, le case chiuse del dopoguerra fanno parte del vastissimo patrimonio culturale di Napoli. Gli arredi, i costumi utilizzati dalle prostitute, i vizi degli uomini e le virtù delle donne del tempo ci consentono di compiere un viaggio nella storia a partire dal mestiere più antico del mondo. L’Italia, appena uscita dalla crisi della guerra, si concedeva qualche “vizietto”. Non c’era vergogna e neppure reato a frequentare quei posti così ben curati. Non si faceva solo sesso, qualcuno richiedeva anche solo un bicchiere di vino in compagnia di una elegante signorina che con savoir faire concedeva momenti di puro piacere.

Nei vicoli di Napoli, tra sacro e profano, altarini votivi a santi e Madonne si alternavano alle case della maitresse e delle sue signorine che rivivono, oggi, grazie alla rappresentazione di figuranti in costume. In vico Sergente Maggiore sorgeva uno tra i casini più frequentati “Il Monferrante”, la sua maitresse aveva spirito imprenditoriale, si dice che per attirare la clientela anticipava telefonicamente le attrazioni della casa.  Lo storico Casino di Salita S. Anna di Palazzo detto anche “La Suprema” è la più rinomata casa di Tolleranza della città, attualmente sede di un lussuosissimo hotel Chiaja Hotel De Charme dove i clienti più facoltosi attendevano Nanninella a´spagnola, Mimì d´‘o Vesuvio, Anastasia ‘a friulana e Dorina da Sorrento.

Nell’attuale piazzetta Matilde Serao invece, facevano tappa fissa numerosi giornalisti mentre a Parco Comola Ricciall’Internazionale, si recavano principalmente i militari, qui anche le prostitute spesso erano straniere. Nei pressi del rione Carità c’era il richiestissimo Casino degli Specchi. Napoli offriva piaceri per tutti i gusti e le tasche infatti i più squattrinati potevano concedersi qualche gioia a pochi soldi recandosi alla casa delle “tre vecchierelle” a Montesanto.

Ciò che contraddistingueva i luoghi del piacere di Napoli è senz’altro l’intransigente regolamento. I pagamenti fatti in camera, infatti, non erano considerati validi, non bisognava intrattenere più del dovuto le signorine, specie se in cerca di uno sconto e, in alcuni casi, il buon costume esigeva che i clienti si presentassero all’accettazione in abito, camicia bianca e cravatta.

Il tariffario, generalmente esposto all’ingresso poteva variare in base al tempo di intrattenimento, da mezzora o un’ora sino a mezza giornata, ma la differenza la faceva la qualità: si parlava, pertanto, di sveltina, doppietta, camera con braciere, sapone acqua di colonia. Come qualsiasi attività che si rispetti, non poteva mancare la politica di offerta che andava dai teli gratis alle agevolazioni per studenti, militari o primo pelo.

FONTE: GRANDE NAPOLI

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La preghiera del Marinaio - Errori e modifiche

Dalla Rivista Marinai d'Italia n°1/2 2023 un articolo che merita la lettura per eliminare malintesi sulla versione della "Preghiera del Marinaio", A cura di Innocente Rutigliano, Socio del Gruppo di Terlizzi e Vicedirettore del Giornale.

Recentemente, partecipando a una cerimonia commemorativa, durante la lettura della preghiera del Marinaio, dalle retrovie si è levato una flebile commento di un anziano Socio: “Ma ha sbagliato a leggere la preghiera del Marinaio!”. A cerimonia terminata, incuriosito da tale commento, mi avvicino a Lui che, a giustifica del suo commento, mi mostra un cartoncino, ormai sgualcito dal tempo ma conservato come una reliquia, su cui è stampata la preghiera del Marinaio, e mi mostra la frase incriminata: “... da questa sacra nave armata dalla Patria leviamo i cuori”, mentre la versione ufficiale e conforme allo scritto autografo dello scrittore Antonio Fogazzaro recita “... da questa sacra nave armata della Patria leviamo i cuori”. A una prima superficiale analisi entrambe le versioni sembrano essere corrette. Come è possibile un tale errore? Prima di rispondere al quesito è bene ripercorrere rapidamente la storia della “Preghiera” e delle varie pubblicazioni, che chiariscono tale enigma.

Nella sua storia centenaria la “Preghiera” ha subito alcune modifiche, dettate da eventi storici, ma anche da un errore, probabilmente di trascrizione, rispetto alla versione originale scritta dall’autore. L’Ufficio Storico della Marina Militare ha pubblicato, nel 1978, la “preghiera del Marinaio” scritta dall’ammiraglio ispettore G.N. (r) Gino Galuppini; nel 2012, essendo esaurita, ha provveduto a una nuova edizione, con il titolo “PREGHIERA VESPERTINA PER GLI EQUIPAGGI DELLA R. MARINA DA GUERRA ovvero LA PREGHIERA DEL MARINAIO” curata dal contrammiraglio (r) Stéphan Jules Buchet  e dal C.V. (r) Franco Poggi. In entrambe le pubblicazioni, oltre alla storia della “nascita” e della “divulgazione” dell’orazione, sono riportate le varianti, letterali e non, che si sono succedute durante la centenaria vita della “Preghiera”. In nessuna delle due edizioni, però, viene spiegato questo cambio di vocale, che modifica in realtà sostanzialmente il senso della frase, sebbene a più riprese vengono riportate sia le due versioni sia la copia autografa della “Preghiera”, così come scritta dall’autore. Solo un anno dopo, i curatori della seconda edizione, Buchet e Poggi, si rendono conto dell’anomalia e in un articolo, pubblicato sul “Bollettino d’Archivio - Giugno 2013”, edito dall’Ufficio Storico della Marina Militare, chiariscono l’esistenza delle due differenti versioni che così giustificano:

“ ... Veniamo ora al cambio di vocale. Il primo cambio era presente nel “debutto” pubblico dell’opera di Fogazzaro, cioè in occasione della cerimonia della consegna della Bandiera di Combattimento al Garibaldi, che si svolse a Genova il 23 febbraio 1902.

allegato

Insieme alla Bandiera di Combattimento, il Comitato delle Signore genovesi offrì all’Unità anche un labaro che riportava, ricamate in forma artistica, le parole della “Preghiera” con il citato errore. Non si conosce la versione giunta sul Garibaldi, così come non si conosce quella data alle ricamatrici del labaro; certo è che, in ambito Marina, si diffuse un testo sbagliato. La Rivista Marittima fra il 1902 e il 1909 fece stampare, in tre edizioni, migliaia di cartoncini recanti la “Preghiera”, e sicuramente altre ne furono stampate successivamente sia dalla stessa Rivista sia dall’Ufficio Storico della Regia Marina quando la “pratica” passò a questo ente. Alcuni comandi navali fecero stampare la “Preghiera” personalizzando il cartoncino con disegni dell’Unità. Su questi cartoncini, come sul cosiddetto “Trittico” del 1927, voluto dal capo dell’Ufficio Storico per diffondere la storia della “Preghiera” in tutta la Marina, compariva ancora la preposizione “dalla”. A gennaio del 1928, l’Ufficio Storico entrò in possesso dell’autografo della “Preghiera”, e il capo ufficio fece stampare un nuovo libretto nel quale era inclusa l’orazione nella forma corretta (della).

allegati12  

Quest’ultima preposizione rimase anche nelle successive stampe dei cartoncini singoli della “Preghiera” fino a gennaio 1938, quando il Ministro della Marina impose, con effetto immediato, l’adozione di una nuova versione. Il motivo della modifica era di carattere politico, e consisteva nell’aggiunta della frase «Salvaci il Duce» dopo le parole «Salva ed esalta il Re». Nel trascrivere l’intera “Preghiera”, evidentemente, l’autore fece riferimento a un vecchio testo e così rispuntò la preposizione “dalla”. Dopo quest’ultima versione del gennaio 1938 non risultano agli atti altre versioni ufficiali, che certificano la soppressione delle frasi «Salva ed esalta il Re» e «Salvaci il Duce» che ovviamente non compaiono più sulla attuale versione.

preghiera marinaio rivista

FONTE:Logo Marinai Italia

 

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